Vite spezzate dal lavoro: nelle fabbriche schiacciate dalle presse, sui tralicci e sui ponteggi folgorate da scariche elettriche, nei campi travolte da rimorchi e trattori, nelle cave inghiottite da sabbia e terra, nei cantieri precipitate dalle impalcature, sulle strade accartocciate in macchine e furgoni.
A riportarci a questa strage permanente, che ha lasciato sul terreno quasi 13.000 morti in soli dieci anni, è Mai più, un documentario realizzato da Antonio Pacor e Bettina Gozzano, sulla tragedia della Lamina Spa, fabbrica che produce nastri di acciaio e titanio nella Milano moderna ed europea, a pochi chilometri dalla stazione centrale.
A uccidere per asfissia i fratelli Arrigo e Giancarlo Barbieri e i colleghi Marco Santamaria e Giuseppe Setzu è stato l’argon, un gas inerte utilizzato nella fabbrica.
A non funzionare sono stati i sistemi di sicurezza, in particolare il sensore che avrebbe dovuto far scattare l’allarme.
Gli operai della Lamina sono quattro dei 786 lavoratori morti nel 2018 per infortuni sul lavoro. Sulla base dei dati Inail, sono le regioni del Nord – in testa Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto – ad aver pagato nel 2018 il prezzo più alto per infortuni mortali sul lavoro con il 40,8% sul totale nazionale.
A seguire sono le regioni dell’Italia meridionale e centrale, con delle percentuali pari rispettivamente al 30,4% e al 28,7% del totale nazionale.
I settori economici dove si registra il maggior numero di infortuni mortali sono le costruzioni, le attività manifatturiere e il trasporto e magazzinaggio.
Gli infortuni mortali colpiscono principalmente lavoratori nelle fasce di età comprese tra i 55 e i 64 anni (34,4% del totale) e tra i 45 e i 54 anni (29,4% del totale).
Si tratta quindi di lavoratori adulti, con esperienza lavorativa pregressa, la cui maggiore esposizione al rischio è legata soprattutto al grado di deterioramento fisico e psicologico prodotto dal lavoro e dall’invecchiamento.