Nella sentenza Cassazione Penale, sez. VI, 20 marzo 2014, n. 13088 ci si occupa di condotte vessatorie tenute dagli imputati contro alcune lavoratrici.
La Corte di appello di Milano riformava parzialmente la pronuncia di condanna di primo grado, riconoscendo ai due imputati, uno il Direttore di produzione, e l’altro il suo stretto Collaboratore, le attenuanti generiche e dichiarando estinti i reati loro ascritti per intervenuta prescrizione, confermando nel resto la pronuncia con la quale il Tribunale di Busto Arsizio aveva condannato gli stessi al risarcimento dei danni cagionati alle costituite parti civili C.S. e R.G.R. [lavoratrici] , per aver commesso i reati di cui agli articoli 81 cpv., 110 e 572 cod. pen., avendo, all’interno di un’azienda, nelle loro qualità di cui sopra:
costituito un gruppo che maltrattava i lavoratori non graditi che si erano rifiutati di conformarsi alle logiche di quel gruppo – tra le quali quelle di sottostare a scherzi, anche a sfondo sessuale, da parte dei superiori e dei colleghi – o perché iscritti ad organizzazioni sindacali o perché ritenuti inadeguati allo svolgimento di alcune attività aziendali, ponendo in essere contro di loro numerose condotte vessatorie, in particolare consistenti in approcci sessuali tanto verbali quanto fisici (per mezzo di toccamenti delle natiche e di altre parti del corpo, baci e tentativi di baci, abbracci e sfregamenti intenzionali del corpo contro le parti intime altrui, approcci sempre rifiutati dalle due donne), nella loro assegnazione deliberata ad operare su macchinari difettosi, con contestuale rifiuto di provvedere alle necessarie manutenzioni e riparazioni, nella continua contestazione del lavoro svolto ed in rimproveri pubblici, a contenuto gravemente e gratuitamente offensivo; in demansionamenti punitivi ed azioni di deliberato isolamento di dette lavoratrici, in particolare, per la C. , all’interno di una sala di umidificazione; con l’aggravante dell’essere derivati dal fatto alle persone offese conseguenti lesioni personali gravi.